Siamo entrate nella parte più buia dell’anno. Nei giorni scorsi il chiarore della luna piena ci ha tenuto compagnia, motivo in più per alzare lo sguardo quando si accendono le stelle.
Il passo di questo novembre vuole essere lento, sufficientemente lento per sentire il crepitìo delle foglie ruggine e oro sotto i nostri piedi, respirare tutto questo colore e il suo profumo, contemplare le chiome che stanno facendo ciò di cui hanno bisogno, vive e connesse con le radici. Stanno lasciando andare ciò che a loro non serve più e per la terra è concime.
Anche l’umanità ci sta provando. Va per tentativi. Ha delle forti resistenze. Le foglie ruggine e oro non piacciono a tutti e lo sguardo oltre è una conquista.
Non sempre amiamo il buio. Soprattutto se è un buio pesante e in questo periodo lo è. Eppure è necessario. Qualunque trasformazione avviene nell’oscurità, qualunque gestazione che si tratti di un figlio, di un’idea o del prossimo passo di un progetto creativo. E là dove con la mente tentenniamo, possiamo affidarci ai simboli. Possiamo lasciare che un simbolo di trasformazione emerga dai sogni ad accompagnarci nel cammino evolutivo sul quale stiamo procedendo. Non dobbiamo fare nessuno sforzo per evocarlo, i simboli arrivano e basta. Il “lavoro”, in un certo senso, lo fanno loro.
In quanto al cambiamento, noi donne siamo maestre. Allenate ad un trasformazione continua nel grembo e nella psiche, che richiama l’alternarsi sapiente delle stagioni, nel cambiamento ritroviamo sempre noi stesse.
L’autunno interiore, nello specifico, corrisponde alla fase premestruale e al periodo attorno alla menopausa. Due momenti impegnativi per molte di noi in cui la richiesta di tempo per sé diventa urgente e più forte che mai il bisogno di ripulirsi dai pesanti condizionamenti che alterano il nostro ritmo.
“L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore” scriveva Albert Camus. E “Seconda primavera” è il nome che la medicina tradizionale cinese attribuisce alla menopausa. Come stiamo vivendo l’una o l’altra?
Alexandra Pope, che insieme ad una collega ha fondato la “Red School” in Inghilterra dando forma alla chiamata sentita durante la sua menopausa, afferma che in queste due fasi, per certi versi simili, siamo delle trouble makers (piantagrane). E come darle torto?
Il mondo ha bisogno di trouble makers creative come possiamo esserlo noi. Di donne che sappiano individuare i problemi e non si fermino alla critica, ma abbiano una visione.
I Nativi Americani lo sapevano bene e le loro donne le rispettavano e tenevano in grande considerazione. Nei giorni del sangue le sollevavano da ogni incombenza affinché potessero ritovarsi in Tenda Rossa e dedicare tempo a sé stesse (quando un popolo è in stretto contatto con i cicli della madre terra, è facile che le donne abbiano le mestruazioni insieme o in tempi ravvicinati).
La menopausa, poi, decretava la conquista della saggezza tout court. Era alle donne sagge, trouble makers per antonomasia, che i capi tribù chiedevano non tanto una soluzione per una questione importante che riguardasse la comunità quanto una visione addirittura per sette generazioni a venire.
Ora, pensando a quante donne al mondo stanno attraversando la menopausa, riusciamo a immaginare l’enorme quantità di energia creativa e curativa che potrebbero sprigionare tutte insieme? Un miracolo? Ma la vita che generiamo non è forse anch’essa un miracolo?
1 pensiero su “Piantagrane d’autunno”