conosci te stessa, pensiero circolare, ruoli sociali

Il pensiero che ci ha educate alla sofferenza

È sempre più evidente eppure ci adattiamo e ancora e ancora. Perdiamo la nostra bellezza e continuiamo ad adattarci. A dirci che in fondo siamo già fortunate ché c’è chi sta peggio. Ci adattiamo e ci teniamo strette quelle briciole scambiate per amore e l’amore per l’altro, si sa, viene prima dell’amore per sé. In certi ambienti ce lo insegnano anche oggi, l’abbiamo respirato per anni.

E poi c’è il lavoro a tenerci così occupate che a sera arriviamo distrutte e i grilli per la testa è meglio lasciarli perdere. Precisiamo: non il proprio lavoro, quello in cui ci mettiamo in gioco con le nostre competenze, quello che abbiamo scelto per portare il nostro valore nel mondo. Non è questo che ci distrugge, per quanto faticoso possa essere tenere insieme tutto se sei anche madre e magari hai pure i genitori anziani. È il lavoro di cura come esclusiva di noi donne che ci distrugge.
Come è capace di prendersi cura di qualcuno una donna, nessun altro lo sa fare: ecco l’inganno del patriarcato che ci ha derubato, tutte e tutti, della nostra natura profonda e ci depriva della capacità di cura condivisa, persino della volontà di farlo, quando c’è, perché l’ingranaggio non lo permette con tempi di lavoro disumani.

E quando non ci adattiamo, quando crediamo che la cura possa e debba essere condivisa, quando abbiamo imparato a prenderci del tempo per noi, il senso di colpa è dietro l’angolo, pronto a mordere.
Ci sono casi poi, e sono tanti, in cui ci lasciamo assorbire dalla cura quotidiana di chi abbiamo accanto per sentirci degne dello sguardo che ci è mancato da bambine. Per il desiderio di quello sguardo ci azzeriamo. I nostri interessi non contano nulla, le nostre aspirazioni chiuse per sempre in un cassetto tanto da non sapere neppure più che cosa ci piace e cosa no.

Dentro la ruota del criceto la questione della cura come esclusiva delle donne, qualunque cura, contribuisce a tenere in piedi un ingranaggio perverso generato da un sistema di pensiero conflittuale. Siamo sempre contro qualcosa o qualcuno. Andiamo avanti facendo una fatica abissale. Crediamo dipenda da noi quando in realtà se una donna rinuncia al lavoro per il quale ha studiato, il più delle volte non è per scelta consapevole e di conseguenza non è un affare privato.
Allargando lo sguardo, il patriarcato mantiene i privilegi e affossa i diritti: trovare un appartamento in affitto a un costo accettabile è diventato un problema così come è diventata una pretesa trovare un lavoro che permetta di far fruttare anni di studio e competenze e vivere dignitosamente alla pari. In quest’ottica l’indipendenza economica di noi donne – tutte, in ogni parte del globo – è irrinunciabile e assomiglia tanto ad una rivoluzione copernicana.
Sarà la rivoluzione dei semi, la chiamo così, perché ciascuna di noi, nel suo ambito, può ricominciare da sé e gettare il seme di un pensiero che supera il dualismo imposto dalla cultura. Il mondo non è duale, le persone non lo sono, lo è lo sguardo che abbiamo appreso dentro una cultura che ci allontana da ciò che siamo davvero.

Se vuoi saperne di più sul sistema di pensiero circolare che supera l’infelice esperienza del dualismo al quale siamo istruite, puoi seguire il blog del Ciclo di Desideri e la pagina Facebook in continuo aggiornamento.


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