ciclicità, pensiero circolare

È questo che vogliamo…

Attingendo alla saggezza del pensiero ciclico abbiamo le risposte. Il malessere che proviamo è tanto più forte quanto più ci siamo allontanati dalla nostra origine, dalla nostra matrice ciclica che guardacaso non riguarda soltanto noi esseri umani. E no, non è necessario separarcene per emanciparci o evolvere. Non è neccessario per niente a meno che non siano le leggi del mercato a renderlo tale. E allora sono guai. Appunto.
La storia è lunga e qui posso soltanto riassumerla in poche righe. Per questo vi invito a leggere il recentissimo libro di Anna Buzzoni, Questo è il ciclo, edito da Mimesis edizioni, Milano.

Nella dittatura del pensiero lineare non c’è spazio per la visione ciclica e di conseguenza neppure per praticarla. Ignorare che esista crea danni in tutti gli ambiti poiché tutto è collegato. Non è una teoria senza fondamento pescata dal cilindro, è la vita stessa, l’impronta dell’universo attorno e dentro di noi. E puoi verificarlo nel modo più semplice possibile: attraverso il respiro. Quanti tempi ha il tuo respiro? “Due” mi sento spesso rispondere. Le due micro pause tra ogni inspiro ed espiro le ignoriamo. Come non avessimo il tempo di starci. Di sentirle.
Delle quattro fasi di ogni ciclo, comuni a tutti i cicli dell’universo, due non sono gradite. Niente pause. La produttività non permette alcun rallentamento per cui ci comportiamo come se ogni giorno fosse uguale all’altro. Anche le stagioni contano poco che poi tanto “le stagioni di una volta non ci sono più”… Lo accusiamo tutti, noi donne ancora di più. I nostri periodi di iniziazione sono cancellati dalla cultura occidentale, il ciclo femminile considerato solo in funzione della riproduzione e comunque le mestruazioni sono una seccatura dichiarata e il premestruo ancora peggio con l’emotività che schizza alle stelle; il post partum da vivere senza fare storie e poi via di nuovo al lavoro ché tanto esiste il nido, nessun rispetto per la fisiologia degli affetti. E la menopausa? Un’altra di quelle seccature da silenziare con una manciata di pillole.

Ora, non è che il pensiero lineare sia da buttare, semmai è la rigidità oppositiva con la quale viene utilizzato in ogni ambito che crea automatismi deleteri e inadeguati per comprendere la complessità della vita. Crea frammentazione e fratture. Una fra tutte il primato della razionalità sull’emotività, la mente che da sola governa su tutto. Un delirio in cui due delle quattro fasi cicliche sono spinte al massimo secondo il diktat della crescita senza fine e della gratificazione immediata. Alcune caratteristiche di queste due fasi “espansive” – come stare al centro della scena, luccicare e assorbire input esterni per raggiungere gli obiettivi prefissati – se sono separate dall’intero processo ciclico vengono amplificate al massimo come non esistesse altro. Ecco la distorsione.
Perché invece esistono anche l’inverno, il buio, l’invisibile e sì, la morte. E noi donne lo sperimentiamo tutti i mesi se solo viviamo il nostro ciclo con un briciolo di consapevolezza, salendo e scendendo lungo il cammino a spirale che mese dopo mese ci porta nelle profondità di noi stesse per risalirne rigenerate nei giorni del sangue. Il ciclo è un maestro formidabile su misura per ciascuna di noi. E come ogni vero maestro, ti mostra il sassolino nella scarpa. Lo stesso vale per la menopausa, regina delle chiamate all’ascolto di sé.

Dentro le distorsioni non si sta bene e per uscirne occorre diventarne consapevoli. Vederle, comprenderle. I percorsi di conoscenza di sé e evoluzione interiore del Ciclo dei Desideri servono a questo. Stare bene nella propria pelle e nella pelle del mondo che non sono poi così distanti fra loro, di certo non separate. E se stiamo bene i nostri comportamenti cambiano, l’aggressività diminuisce, il potere perde il suo carattere mostruoso per diventare la possibilità di agire in modo collaborativo. E forse chissà che ce la facciamo a invertire la rotta, a far respirare il pianeta e a consegnare ai nostri figli e alle generazioni future un mondo degno della grandezza dell’essere umano.

1 pensiero su “È questo che vogliamo…”

  1. È questo che vogliamo…
    Tolgo la E, e pure l’accento
    Tolgo anche “questo”
    Del. Che.
    Non me ne faccio nulla
    Mi rimane
    Vogliamo
    E ci tolgo la g

    Ecco :
    Voliamo?
    Oppure
    Voliamo!

    Un saluto
    Wu Otto.
    Riflessioni degne di nota!

    "Mi piace"

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