Quando è il momento la natura fiorisce e certo le condizioni climatiche e ambientali non sono un dettaglio. E poiché anche noi siamo natura, vale la stessa cosa. Crescere cresciamo comunque, ma in quale modo non dipende soltanto da noi. Siamo state tutte e tutti piccoli alberelli circondati da paletti che se da una parte ci hanno sostenuto, dall’altra possono aver ridotto la nostra innata capacità esplorativa, in alcuni casi impedendoci di dispiegare le ali che è un altra metafora per indicare l’evoluzione di una persona. Quando avremmo potuto toglierli, il più delle volte quei paletti li abbiamo lasciati lì perché vederci senza ci sembrava impossibile.
Così siamo fiorite dentro quei paletti e una volta adulte pensiamo che la faccenda sia chiusa perché di fatto siamo diventate grandi e non c’è altro da aggiungere. In realtà credere che la faccenda sia chiusa come non ci fosse più margine di cambiamento può diventare un altro paletto: crescere e fiorire, infatti, non sono proprio la stessa cosa.
Se una volta adulte il cambiamento non è così visibile come quando da bambine crescevamo da un mese all’altro, di fatto il cambiamento è continuamente in atto. E ora, proprio perché crescere e cambiare non è più così evidente, possiamo incontrare una profondità nuova, la corrispondenza con un’altra parola che, guardacaso, arriva dal mondo vegetale: fiorire. La fioritura non è questione di anagrafe e abbraccia un cambiamento che non ci vuole come ha deciso, magari senza esserne consapevole, chi ci ha messo i paletti attorno, sia pure con le migliori intenzioni, o come esige quella parte di noi che quell’imperativo categorico l’ha ben interiorizzato.
La natura umana è come un seme che germoglia e fiorisce e lo fa per tutto il corso della vita. Lo fa secondo tempi che gli sono propri e hanno a che vedere con le stagioni di cui madre natura ci fa dono.
In questa prospettiva scopriamo il piacere di fiorire, l’amore di sé che è amore per la vita. Non dovere essere per forza in un certo modo, e pure con i paletti attorno, ma volere essere chi sei a partire da quel minuscolo seme che contiene già tutto dentro di sé. Nulla da rinnegare né un ego da annullare.
Quante volte nella mia adolescenza mi sono sentita ripetere da persone per me autorevoli che bisognava annullarsi per amore. Che follia impastata di sacrificio respirato in chiesa, in casa, a scuola. E io ci credevo, credevo che quella fosse la strada della bontà e quante volte di conseguenza mi sono sentita incapace, deludente e sbagliata… Annullarsi va contro natura, contro la vita. So che siamo in tante, tantissime ad averlo provato.
Siamo un tutt’uno. La nostra storia è un tutt’uno. Per questo io sono per l’integrazione. L’essere umano è completo nella sua complessa polarità: umano e divino, terrestre e celeste, luminoso e ombroso. Non vi mai capitato di piangere e ridere nello stesso tempo?
Integrare per me è un atto umile e coraggioso. Un atto gentile verso noi stesse. Significa guardare, osservare, ascoltare, comprendere, abbracciare infinite volte tutte le parti del mio essere donna. Non ci viene spontaneo come per il seme fiorire.
Integrare ovvero recuperare l’integrità con la quale siamo venute al mondo. Fare questo pianta semi di fiducia dentro di noi ed è generativo, trasformativo. Il cambiamento vero. Il seme che diventa albero e frutto, sentirsi vive, essere vive, consapevoli del fiore e della ferita che portiamo dentro.
Illustrazione di Francesca Quatraro