Il Ciclo dei Desideri è un work in progress. Come d’altronde mi sento io…
In questi giorni ho aggiornato i contenuti della home page rendendola più aderente all’intento che metto nel progetto. Non che sia cambiato rispetto all’originale, amore per quello che faccio e motivazioni sono estremamente vive e proprio per questo il progetto è un lavoro strada facendo e ora mi sembra ancora più chiaro per te che leggerai. Quello che ho modificato è la presentazione della home page e alcuni percorsi cosiddetti di base, adatti cioè a chi muove i primi passi nel mondo interiore e a chi qualche passo l’ha già compiuto.
Da qualche mese ho aggiunto quello che considero un fiore all’occhiello cioè qualcosa che caratterizza il counseling del Ciclo dei Desideri: la formula del counseling attraverso la scrittura delle lettere che può anche essere un’integrazione a percorsi già incominciati.
E qui lo confesso. Il counseling epistolare nasce sì dall’osservazione che non sempre dire tutto e subito sia quello che effettivamente ci serve in un preciso momento. Talvolta accompagnare il gesto della mano che scrive obbliga la mente a rallentare, a prendere le distanze dal chiasso quotidiano e già questo è benefico. E quella sensazione di non aver messo sul tappeto quello che davvero ci preme, come può capitare quando parliamo, questa volta non arriva perché non dobbiamo per forza concludere la lettera entro un tempo prestabilito, anzi possiamo incominciare a scriverla e riprenderla il giorno dopo fino a quando sentiamo che va bene, le cose che ci premeva dire per il momento ci sono tutte. Le parole ci portano lì, l’esperienza me lo conferma.
Quello che ti confesso ora è che l’idea del counseling counseling epistolare nasce anche da un bisogno mio. Scrivere mi è congeniale e un percorso epistolare di questo tipo mi piacerebbe averlo a disposizione per me stessa. Certo non è solo la formula in sé, tanto fa chi accoglie le tue lettere e se tu ti senti “vista” e ascoltata attraverso le parole che metti sulla carta.
Sono parole di mondi interiori e ciascuna di noi ne è custode. Mi piace questa parola perché porta con sé il senso del valore.
Per custodire occorre fare un primo passo ed entrare nel mondo interiore. Possiamo anche incominciare a immaginarcelo… Io porto con me l’immagine di un abbaino con un lucernario, una porticina in legno grezzo, un luogo intimo in cui inizialmente mettere ordine per poi poterne godere e forse è per questo che cammino spesso cercando le finestre lassù in alto, sotto o sopra i tetti, e mi affascinano soprattutto quelle che sanno di antico sotto tegole di ardesia che mi ricordano i cieli plumbei dei paesi del nord Europa. Mi ci immagino la vita dentro, forse un gran caos, tutto accatastato lì, qualche ragnatela, cose che sono state importanti e chissà che un giorno con qualche modifica non tornino in auge, certo di lavoro ce n’è da fare e ne vale la pena. Che meraviglia gli abbaini…
Conoscere è il primo passo. Osservare, ascoltare quello che c’è dentro di noi, le emozioni che si muovono, i pensieri che le trattengono, ciò che senti profondamente. Come ho scritto tante altre volte, non è mai un’osservazione fine a se stessa, è un ri-conoscersi.
Custodisco ciò che per me è importante e ci si ritrova simili nelle domande, dentro codici di sensazioni così umane, un miscuglio di io, una geografia del desiderio, un mistero che ci tiene insieme nonostante tutto.
E così il work in progress continua, fa parte dell’essere custode di terra e cielo.