Credo che la menopausa sia il momento per prendersi per mano. Non che non lo si possa fare prima e anzi la ciclicità femminile ce ne dà l’opportunità ogni mese, soprattutto durante i giorni del sangue. Ma adesso il nuovo assetto ormonale che si sta delineano ci predispone a prendere per mano la propria esistenza.
L’immagine che mi arriva è quella dei cerchi concentrici che si formano sull’acqua quando lasciamo cadere un sasso. Il cerchio esterno, quello più largo, comprende i cerchi interni. Ecco, la nostra menopausa comprende quello che siamo state finora e ci apre alla comprensione di un cerchio più grande che ci contiene. Vi sembra una cosa angosciosa? Io trovo che sia affascinante.
Forse, per spazzare via l’angoscia che può presentarsi, soprattutto all’inizio della transizione, occorre definire che cosa si intende per “prendere per mano la propria esistenza”.
Ricordo che colei che mi ha iniziato al magico mondo della ciclicità femminile diceva che durante la fase mestruale occorre ricordarci che abbiamo fatto, dato e aiutato abbastanza e che siamo abbastanza amate dalla Vita per poter rallentare un po’ la corsa frenetica che sono diventate le nostre giornate e lasciarci andare a sentire quali sono i nostri bisogni più intimi.
Ecco, prendere per mano la propria esistenza significa incominciare a mollare un po’ il controllo per entrare in contatto con sé stesse. Il controllo ci separa da ciò che siamo. Diventa un filtro sempre più spesso e pesante, un velo che offusca la visione. Il controllo soffoca la nostra natura istintuale profonda.
Se sentiamo angoscia, è probabile che sia il controllo a generarla più che il cambiamento.
Non vi sembra una bella cosa poter prendere per mano la propria esistenza? A me sì. Mi sembra una possibilità evolutiva.
La menopausa ci chiede questo. È un invito forte a mettere un passo dietro l’altro sul cammino della conoscenza di sé, senza scorciatoie. Un invito più forte di quello rinnovato ogni mese per decenni dal ciclo mestruale, un invito radicale nel senso che risale alle nostre radici di donna e femmina.
Radici che stanno nel grembo, nell’ancestrale energia creativa che ci connette con la terra madre e con la luna della quale ricalchiamo il ritmo.
Radici che stanno nell’intuizione di un sapere innato che tuttavia non trova legittimazione nella cultura di cui la nostra storia è permeata: il Femminile imbrigliato, nascosto, sminuito, offeso e il Maschile spento, svuotato della sua spinta originaria.
Viviamo nel mondo delle energie-ombra, tanto potenti quanto misconosciute. Il patriarcato se ne nutre e governa attraverso il giudizio, la condanna, il controllo. Ma se ci dicessero che l’ombra altro non è se non la nostra bellezza ferita, se ne facessimo l’esperienza, non sarebbe diverso? Soltanto il pensiero non sarebbe rappacificante?